Giorno della Memoria – 27 gennaio

Oggi è il 27 gennaio, il Giorno della Memoria

Un giorno dedicato al ricordo di una pagina orribile della nostra storia recente, l’Olocausto.
È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella grande offensiva oltre la Vistola in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
E’ necessario e fondamentale che ci sia un giorno designato per il ricordo.


Ancora oggi infatti vi sono voci di più tipo, e mosse da diversi interessi, che vogliono negare che questo sia avvenuto. Testimonianze di sopravvissuti, foto, filmati, le confessioni stesse rese da coloro che avevano partecipato alla costruzione e al funzionamento dei campi di sterminio e concentramento non sembrano abbastanza. Vi è sempre la tentazione di negare che la “civiltà”a cui apparteniamo sia stata capace di tali atrocità, perpetrate peraltro nell’indifferenza generale e con una spietata efficienza. Eppure ricordare ci regala la possibilità della vergogna, della compassione, del pentimento. Ricordare ci fornisce la possibilità di non fare più lo stesso errore. Primo Levi nell’appendice del libro in cui racconta della sua esperienza presso un campo di concentramento scrive:

“Tutti devono sapere, o ricordare, che Hitler o Mussolini, quando parlavano pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come dei. […] Le idee che proclamavano non erano sempre le stesse, e in generale erano aberranti , o sciocche, o crudeli; eppure vennero osannati, e seguiti fino alla loro morte da milioni di fedeli. Bisogna ricordare che questi fedeli, e fra questi anche i diligenti esecutori di ordini disumani, non erano aguzzini nati, non erano, (salve poche eccezioni) dei mostri: erano uomini qualunque. I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi; sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e ad obbedire senza discutere, come Eichmann, come Höss comandante di Auschwitz, come Stangl comandante di Treblinka, come i militari francesi di vent’anni dopo, massacratori in Algeria, come i militari americani di trent’anni dopo, massacratori in Vietnam. Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia con i capi carismatici : dobbiamo essere cauti a delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà.”

 width=Una della persone citate, Rudolph Hoss, ha scritto un memoriale poi pubblicato mentre era prigioniero e in attesa di giudizio al processo di Norimberga. Io credo che questo libro andrebbe letto da tutti. Non parla quasi mai di atrocità, e pur trattando di milioni di morti, risulta essere quasi noioso. Il resoconto in buon ordine della vita di un funzionario che si è prodigato per risolvere in modo efficace i problemi postigli dai suoi superiori. Non ci sono emozioni, non c’è compassione, non c’è umanità. Al processo, rese questa dichiarazione:

“Per volontà di Himmler, Auschwitz divenne il più grande centro di sterminio di tutti i tempi. Allorché, nell’estate del 1941, mi comunicò personalmente l’ordine di allestire ad Auschwitz un luogo che servisse allo sterminio in massa, e di realizzare io stesso tale operazione, non fui in grado di immaginarne minimamente la portata e gli effetti. In effetti, era un ordine straordinario e mostruoso, ma le ragioni che mi fornì mi fecero apparire giusto questo processo di annientamento. A quel tempo non riflettevo: avevo ricevuto un ordine ed era mio dovere eseguirlo. Non potevo permettermi di giudicare se questo sterminio in massa degli ebrei fosse o no necessario, la mia mente non arrivava tanto in là. Se il Führer in persona aveva ordinato la “soluzione finale della questione ebraica”, un vecchio nazionalsocialista, e tanto più un ufficiale delle SS, non poteva neppure pensare di entrare nel merito. “Il Führer comanda, noi obbediamo”, non era certo una frase né uno slogan per noi. Era un concetto preso terribilmente sul serio. Dal momento del mio arresto, mi è stato detto ripetutamente che avrei potuto benissimo rifiutare di eseguire questi ordini, che avrei potuto perfino assassinare Himmler. Non credo che, tra le migliaia di ufficiali delle SS, ve ne fosse anche solo uno capace di formulare un simile pensiero. Semplicemente, non sarebbe stato possibile. È vero che molti ufficiali delle SS hanno spesso brontolato e imprecato contro qualche ordine particolarmente duro da lui impartito, ma hanno sempre finito per eseguirli tutti. Parecchi ufficiali delle SS hanno molto sofferto per la sua inesorabile durezza, ma neppure uno, ne sono certo, avrebbe mai osato alzare la mano contro di lui, neppure nell’intimo dei suoi pensieri. Come capo supremo delle SS, la sua persona era inviolabile e i suoi ordini, impartiti in nome del Führer, erano sacri. Non era possibile riflettere, discutere, interpretare questi ordini. Dovevano essere eseguiti fino in fondo, quali che si fossero le conseguenze, anche col sacrificio consapevole della propria vita, come non pochi ufficiali SS hanno fatto in guerra. Non per nulla, alla scuola delle SS, i Giapponesi venivano esaltati come un luminoso esempio di sacrificio di sé per lo Stato, per l’Imperatore, che per essi era un dio. La scuola delle SS lasciava nei suoi allievi tracce ben più profonde di quelle delle lezioni universitarie sugli studenti; li influenzava a fondo, e Himmler sapeva benissimo che cosa poteva chiedere ai suoi uomini. Ma quelli di fuori non possono capire che non vi fosse neppure un ufficiale SS che rifiutasse di eseguire gli ordini di Himmler; tanto meno, poi, che pensasse di assassinarlo a causa della crudeltà e inesorabilità di questi ordini. Ciò che il Führer ordinava – e, per noi, ciò che ordinava il suo secondo, cioè Himmler – era sempre giusto.”

Questo bisognerebbe ricordare. Adesso è facile condannare le atrocità, ma l’evoluzione è stata graduale. Nella Germania prostrata da una crisi economica dovuta alle sanzioni inflittele in seguito alla fine della Prima guerra mondiale, un partito fino ad allora sconosciuto che predicava la rinascita di una grande Germania a discapito degli stranieri e dei comunisti traditori crebbe fino ad ottenere la maggioranza in parlamento. Non ci furono colpi di Stato, all’inizio. Fu la maggioranza della popolazione tedesca a scegliere di votarsi ad un politico dalla veeemente arte oratoria, che indicava loro nemici su cui scaricare la colpa, e prometteva il ritorno ai fasti del passato.
In questi giorni si sta svolgendo il vertice informale dell’ Unione Europea ad Amsterdam, per discutere in principali modo dell’accoglienza a migranti e richiedenti asilo. Danimarca, Francia, Germania, Austria, NorvegiaSvezia hanno reintrodotto i controlli temporanei alle frontiere nonostante l’accordo di Schengen dopo i fatti di Parigi. Molti Stati membri hanno chiesto l’attivazione dell’articolo 26 della convenzione di Schengen, che prevede la possibilità di reintrodurre i controlli in modo regolato fino a 2 anni. La Polonia ha recentemente dichiarato che porrà il veto su ogni decisione che prevede di assegnare ad ogni Stato una quota di migranti da ospitare. In Danimarca è stata approvata una proposta di legge che prevede la confisca dei beni dei richiedenti asilo per ripagare lo Stato delle spese che dovrà sostenere per la loro accoglienza. Si respira un aria di quasi belligeranza, aiutati dalla crisi economica incombente.
In questo contesto, con molti dei partiti nazionalisti assai populisti che raccolgono sempre più voti, credo sia davvero importante ricordare.
Londra, il nuovo murale di Banksy sulla ''Jungle'' di Calais

 

Hipazia Pratt
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