“Bruciati 300 miliardiI!”… (???) Capitalizzazione ma anche intermarket

Capitalizzazione e mercati, un tentativo di approccio intermarket
“Giornata nera per le borse, bruciati 300 miliardi” di dollari, euro, quel che si vuole… Quante volte abbiamo sentito al telegiornale o letto sui giornali una frase simile ad ogni giornata nera borsistica? Certo, si parla di capitalizzazione, a volte nemmeno si aggiunge questo termine a dire il vero, ma
nulla di più fuorviante, un po’ come il pressapochismo mediatico sullo spread bund-btp e sui CDS (credit default swap, assicurazioni contro il fallimento del sottostante o “bene” assicurato).
Certo, il dovere di stare entro i tempi da servizi televisivi o in spazi di colonne di giornali non permette di poter scrivere trattati scientifici, tanto più in una  materia che – lo ripeteremo fino alla nausea – non è una scienza dura.  Pur vero è, però, che a volte non per ragioni di spazio-tempo limitati si annunciano questi titoli ad effetto, ma perché si reputano premianti per il proprio marketing il ricorso a s
logan che intimoriscano colpendo basso la sensibilità del pubblico.
Necessità o audience, non è ora qua questione di sofismi sul tema: molti titoli giustamente informano bene aggiungendo “bruciati… xxx di capitalizzazione“, ma in poche occasioni il tema è, secondo il nostro punto di vista, trattato in modo completo, anche riassuntivo, ma completo.
Lo slogan è o dovrebbe essere una bella sineddoche ma non esaurisce su un piano logico e qualitativo il tutto.
Anche noi allora lanciamo il nostro slogan: nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma  in finanza (e qualcuno ben più autorevole di noi lo ha già detto in altro ambito). La liquidità non evapora ma anche evaporasse, mutasse di stato, non “sparisce”… semmai si sposta, non viene “bruciata”.
Da uno dei mercati dove era “imbrigliata” e non per forza il mercato azionario (cioè il mercato dove sono collocati e trattati i titoli di partecipazione ad una società quotata, cioè le azioni)  ritorna “liquida” liberandosi dal mercato d’uscita e si sposta ad altro mercato.
La liquidità è uno stato della materia, anche in ambito finanziario, stato che implica però una “vivacità” che è movimento e che a sua volta implica una sua velocità, cioè quanto veloce passa di mano in mano, e che ha un suo logico opposto nel concetto di “allocazione” o, in estremi,  di tesaurizzazione di sé per sé (masse fisiche di valuta messe in un rifugio dedicato), cioè quando la liquidità cessa di “passare” da mano in mano ma “sta”. La liquidità, potenziale e non, è tanta, come abbiamo già scritto nel precedente articolo “Attenzione alla trappola della troppa liquidità ”  (apri qua: Trappola liquidità).
Quindi, più che di consunzione termica, cioè più che di bruciare, la liquidità esce dai mercati, al momento, azionari e si sposta o su un conto corrente della banca (che ne sarebbe magari molto contenta perché la potrebbe usare, a sua volta, per altre operazioni o a garanzia o per far fronti a riscatti di altri soggetti, oppure il correntista ne è molto contento perché li può spendere nel mercato reale), o si sposta altrove, in altri mercati geografico-valutari o di classi di investimento diverse, secondo un movimento di vasi comunicanti o intermarket tra cui, ancora, si annoverano i cosiddetti beni rifugio (oro, valute).

Il mercato e le commodity
Prendiamo in considerazione proprio il passaggio dal mercato azionario a quello dei beni rifugio o a quello dei beni chiamati in inglese commodity. Come potrete vedere nel link prima riportato, per commodity si intende un bene la cui domanda è di tipo meramente quantitativo e cioè è offerto senza differenze qualitative (all’interno della sua specifica classe) sul mercato. In poche parole è un bene fungibile, cioè il prodotto è apprezzato come identico a prescindere da chi lo produce, come per esempio il petrolio o i metalli, ed è computabile per unità di capienza: litri, barili, lingotti.
Rimane chiaro che all’interno del bene petrolio vi siano poi distinzioni comunque qualitative o geografiche di provenienza ma, di fatto e delimitate le classi di appartenenza iniziale (WTI e Brent), che un barile di petrolio sia dell’Iran o della Nigeria non viene apprezzato differentemente dal mercato, dai richiedenti o dalla domanda, come un bene diverso ma come un bene “sostituibile” all’interno della stessa classe (WTI o Brent): all’interno della stessa classe, non comprerò il barile XYZ a prezzo più caro del barile YXZ perché per me saranno due barili con dentro petrolio e altro non mi interessa apprezzare.
Stessa cosa per l’oro: un lingotto d’oro estratto in Canada si prezza, sullo stesso mercato come classe e come geografia di luogo di trattazione come un lingotto qualsiasi.
Tra le commodity possiamo rilevare come ce ne siano di generalibi a ciclo corto (ad esempio il grano, il cotone, il cacao, il caffé, prodotti per i quali ci sono stagioni e non ere geologiche per arrivare a completare il loro ciclo) e da altre, invece, che si producono in natura solo con tempi che vanno oltre le stagioni, ben oltre gli anni e si misurano addirittura per millenni se non ere geologiche, come ad esempio gli idrocarburi o i metalli. Ancora, tra queste commodity ci sono quelle esauribili o quelle riutilizzabili e altre distinzioni: il caffè si genera a cicli corti o stagionali ma si consuma senza possibilità di ri-uso specifico e, di fatto, il ciclo corto di produzione copre la sua esauribilità (una volta trasformato e bevuto, ad esempio, si “rigenera” per sostituzione con una nuova produzione). Il metallo si genera in natura con tempi lunghissimi ma si può riusare… rifondendolo. Il petrolio si genera con tempi lunghissimi e non si rigenera in tempi brevi, tende ad esaurirsi: sono sostituibili i suoi effetti ma non esso di per sé, che non a caso è quindi, rispetto il ciclo di generazioni di vita umana, una fonte esauribile di energia.
Questo solo per dare esempio di come le caratteristiche siano le più varie e spazino da tempi di generazione, possibilità o meno di riuso ecc… Ciò che conta è che sono elementi fungibili e che di fatto devono e possono essere stoccati cioè sono immagazzinabili e conservabili nel tempo (più o meno lungo).

La nostra ipotesi
I mercati azionari stanno subendo un disinvestimento, rappresentato da vendite,  che è deflusso (così cerchiamo di dare coerenza a noi stessi per primi nella terminologia) di liquidità, un travaso di liquidità di valore nominale che affluisce ma dove?
Ragioniamo poi considerando che il tutto è imputato, tra altre cose ma in modo più pesante, al calo del prezzo del petrolio: un bene tra le commodity, quindi immagazzinabile, fungibile ma che ha un ciclo perché si possa “creare” talmente lungo da essere considerato una fonte esauribile di energia.
Il calo del prezzo del petrolio greggio è imputato dagli analisti a null’altro – prendiamolo per buono ma poco ci cambia – che non sia un eccesso di produzione e non è imputato ad una sua sostituzione con altre fonti… e il punto non è secondario. Crollasse, infatti, perché sostituito da altre fonti più funzionali o migliori o più economiche, il discorso prenderebbe un’altra piega; invece il petrolio cala perché c’è più produzione (o meglio, più estrazione) che richiesta.
Proviamo a mettere assieme tutto quanto detto sinora.
Ebbene, noi pensiamo che il prezzo del petrolio non potrà rimanere così basso a lungo, sotto i 30 dollari al barile.
Dimensioniamo i termini così da dare più verificabilità della cosa.
Entro il primo trimestre 2017 il prezzo del petrolio non sarà su questi livelli, cioè poco sopra o poco sotto il 30 dollari al barile (Wti o Brent, facendo anche noi un parallelo un po’ approssimativo) ma avrà portato l’asticella dei prezzi medi a ridosso dei 50 dollari al barile almeno; se ci sbagliassimo… (vedi dopo)
Vi proponiamo una serie di fattori e di possibili correlazioni che potrebbero indicarci dove noi ipotizziamo si stia trasferendo la liquidità e di conseguenza su cosa opportunamente si potrebbe mettere sotto lente d’osservazione: definiamolo un approccio intermarket.
Prendiamo in considerazione e a titolo d’esempio l’andamento di diversi indici, fondi e valute per capire cosa sta accadendo sui mercati:
1) Schroder Global energy A1 acc, un fondo che investe nel settore energie, è ben diversificato tra America, Canada, Europa
2) Jpm Global Natural Resources D acc, un fondo che investe nel settore delle risorse naturali, ben diversificato tra energie e materie prime ed anche a livello geografico
3) Vontobel global Equity B, fondo azionario internazionale ben diversificato.
4) indice MSCI World, indice azionario mondiale
5) prezzo del petrolio WTI 
6) prezzo del petrolio Brent
7) prezzo dell’oro
8) riferendo poi il tutto ad un cross valutario che veda protagonisti il dollaro, l’euro, e la sterlina inglese oltre alle valute “rifugio” come yen e franco svizzero
9) debito sovrano Usa, Germania, Regno Unito, Italia, Giappone tramite il BGSV index ( bloomberg global developed sovereign bond index)

Attendiamo movimenti a salire dell’oro come sorta di catalizzatore di nuovo in auge di una fetta non piccola del travaso di investimenti dalle borse di breve periodo, cioè attendiamo che una parte della liquidità “tolta” dal mercato azionario sia questa volta finita anche sull’oro.

Integrando e riassumendo una ipotesi intermarket

  1. Non stiamo dicendo che abbiamo raggiunto un livello minimo dei prezzi di petrolio ma consideriamo che, non essendo agevole individuare un minimo assoluto, l’importante è considerare i livelli attuali come di molto inferiori ai livelli che troveremo nel primo trimestre 2017
  2. oro di nuovo come catalizzatore di liquidità in apprezzamento e come “camera di compensazione” dei flussi, e anche la non remota possibilità che i corsi a salire non siano in antitesi a petrolio e borse
  3. questa fase è preliminare a una forte impennata dei valori e corsi borsistico-azionari. Le fase di minimo del petrolio hanno portato, storicamente, a forti movimenti borsistici a 6-12 mesi
  4. la tanto “desiderata” inflazione potrebbe avere un brusco quanto inatteso – sembra un paradosso – movimento al rialzo che potrebbe non andare a fare meta sui livelli auspicati del 2% ma ben oltre
  5. in breve, fasi di di shock di natura monetario-inflattiva
  6. mercato delle valute rifugio di fatto meno appetibile a fronte di ritorni di fiamma su rifugi extra-valutari

Se ci sbagliassimo…
…vorrebbe dire che il petrolio sta andando su livelli di estrema debolezza e, di conseguenza, l’economie dei paesi guida dell’economia mondiale.
Il tutto avrebbe così dato per inutile o sbagliato ogni intervento in ambito politico ad ogni livello, sia su scala di accordi internazionali sia locali,  o di azione delle banche centrali mondiali e le valute sarebbero considerate dal mercato come importante elemento di tesaurizzazione, andando “contro natura” rispetto ai loro naturali ruoli. Da intendersi: sarebbe meglio spendere domani che oggi perché attendendo un po’ si comprerebbe di più a parità di valore speso. E come valore attenzione che non è detto che sia “solo più” la valuta. Non stiamo di certo parlando di ritorno al baratto, il catastrofismo cosmico non darebbe tempo al punto e significherebbe che forse non sarebbe nemmeno più accessibile internet. Significa più “banalmente” che le valute avrebbero da riparametrarsi su un “valore” principale di cui loro rappresentano una quota di conversione come fu, non troppi anni addietro, quando le banconote erano “pagabili a vista” e non un semplice accordo su cambi fissi.
Nulla che strizzi l’occhio da parte nostra a complottismo o truffa: piace a volte credere che ci siano sempre i poteri occulti e così forti da condizionare il mondo in blocco e non una serie di poteri e potenti che, tutt’altro che geniali, più semplicemente commettono errori, anche gravi.

Ci diamo appuntamento
L’analisi della correlazione tra questi fondi ed indici, ci indicherà quale sarà il portafoglio più perfomante per avere al contempo protezione e guadagno.
Ricontrolleremo ogni mese sia i prezzi che gli andamenti per tenere sotto controllo i cambiamenti in atto nel mondo, sia come investimenti, sia come pesi geopolitici.

Partiamo con i dati del 16 febbraio 2016:

1) 10,68 usd
2) 4,89 eur
3) 197,19 usd
4) 1530,00
5) 29,04 usd
6) 32,18 usd
7) 1200,44 usd

8) eur/usd: 1,1144   eur/yen: 127,12  eur/chf: 1,1018  usd/yen: 127,12  usd index: 96,87

9) bgsv index 111,287

 

Fonte dati: morningstar e bloomberg

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