Educazione sessuale: ne abbiamo bisogno?

Si sta svolgendo in questi giorni la seconda edizione della settimana del benessere sessuale a cura della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS ). In vista dell’evento sono stati condotti delle indagini tramite questionari su piattaforma surveymonkey da maggio a luglio. Il campione analizzato è risultato composto di 800 persone, di cui il 67% donne e il 32% uomini, e i dati emersi non sono dei più incoraggianti.  Il 45% degli uomini non utilizza il preservativo perché fa diminuire il piacere, il 9,5% ammette che ha paura di non mantenere l’erezione nell’indossarlo, l’1% invece dichiara che il costo è eccessivo. Tuttavia il 46,86% è consapevole che il rischio di contrarre infezioni sessualmente trasmissibili sia alto, mentre il 28,50% ritiene che sia basso. Quanto al rischio di una gravidanza indesiderata, il 50,73% pensa che l’eventualità sia molto probabile, ma il 2,93% resiste nel credere sia inesistente. Le donne sembrano più consapevoli: sanno che il rischio contagio di malattie sessualmente trasmissibili è alto (52,43%), l’eventualità è giudicata inesistente e irrilevante invece solo dal 1,27% del campione femminile. In assenza di qualsiasi contraccettivo le donne pensano che la possibilità di rimanere incinta sia alta (62,50%) o altissima (22,46%). Sui metodi contraccettivi e preventivi si mantiene il disaccordo antico per cui gli uomini preferiscono la pillola (il 42,86%) mentre le donne prediligono il preservativo (32,49%). Emerge con forza il dato che a parte questi due metodi la conoscenza dei presidi di prevenzione è scarsa o nulla. Addirittura il 7% degli uomini e il 10% delle donne si affida a metodi naturali, quali la misurazione della temperatura e il conto dei giorni, o il coito interrotto. Disinformazione, quindi, oltre a una maggior paura del concepimento piuttosto che delle malattie sessualmente trasmissibili.  width=Il campione esaminato comprendeva sia adolescenti che adulti, dimostrando come la confusione in materia di sessualità e contraccezione sia trasversale. Difficile quindi pensare che genitori in queste condizioni possano insegnare ai propri figli delle nozioni corrette in materia. Questo può risultare un problema grave considerando anche il sondaggio condotto dalla fondazione Paideia su 1400 ragazzi di età compresa fra i 15 e i 25 anni. Secondo i dati raccolti infatti i ragazzi che dichiarano di aver avuto il primo rapporto sessuale prima dei 14 anni è passato dai 7% del 2011 ai 19% del 2013, e coloro che dichiarano di voler aspettare la maggiore età per  questo sono scesi dal 43 al 12% negli stessi anni. Sempre secondo lo stesso sondaggio il 57% degli intervistati ritiene trascurabile l’incidenza della malattie sessualmente trasmissibili, e il 73% non sa nominare le 5 più comuni. Di conseguenza solo il 29% delle donne e il 35% degli uomini dichiara di usare regolarmente il preservativo. Secondo il barometro presentato dall’Ippf (International Planned Parenthood Federation), la più vasta rete globale di associazioni per la libertà e la salute delle donne, attiva in 170 Paesi, che ha valutato 16 nazioni Ue, l’Italia è al 12° posto in materia, in coda alla lista come due anni fa, quando le realtà analizzate furono dieci. Tra i punti più critici c’è una mancanza di campagne di sensibilizzazione e consulenze individuali per le scelta dei contraccettivi, così come è scarsa la conoscenza anche tra gli addetti ai lavori dei diversi metodi disponibili. A questo quadro va aggiunto anche un sondaggio del sito Skuola.net secondo cui più del 15% delle ragazze in età scolare se si scoprisse incinta abortirebbe senza chiedere consiglio a nessuno. Il 13% dei ragazzi intervistati dichiara che porrebbe l’aborto come condizione fondamentale per poter continuare il rapporto. Questa situazione si è creata soprattutto perchè i ragazzi si sentono con le spalle al muro, non essendo al corrente di alternative valide. Infatti solo il 36% degli intervistati dichiara di sapere dell’esistenza di consultori, programmi di adozione e aiuto per le giovani mamme, ma di non conoscerle nel dettaglio, e un buon 15% le ignora totalmente. Anche in materia di pillola del giorno dopo la confusione regna sovrana: non si sa se sia contraccettiva o abortiva, non si sa quando prenderla né come funzioni o i rischi che comporta. La SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, afferma che su questi temi solo 3 ragazze su 10 ricevono informazioni corrette da parte di ginecologi, medici e insegnanti. Il rimanente 70% le apprende da fonti non qualificate come gli amici, giovani parenti o siti internet. A questo bisogna aggiungere che i consultori familiari sono il 30% in meno di quelli previsti dalla legge e solo 1 su 4 ha un organico completo di tutte le figure professionali.
Tutti questi dati per inquadrare una situazione quasi schizzofrenica. In un mondo in cui in teoria le informazioni e la conoscenza sono a portata di tutti, le generazioni che hanno seguito la grande rivoluzione sessuale degli anni 80 sono, se possibile, ancora più disinformate e lasciate a se stesse. La crescente sessualizzazione proposta dai media, e la libera offerta di materiale pornografico su internet non migliorano affatto le cose. Utopico pensare che un giovane chieda consiglio ai genitori per i suoi dubbi in questo ambito. Molto più facile affidarsi alle esperienze degli amici o alle ricerche in rete, che però spesso tramandano leggende metropolitano e falsi miti, come per esempio la credenza che lavarsi le parti intime con la Coca Cola dopo un rapporto o farlo da in piedi impedisca la fecondazione. Sarebbe quindi auspicabile l’introduzione di un corso serio di educazione sessuale nelle scuole. La prima proposta di legge in tal senso in Italia risale al 1904. Se fosse passata, saremmo stati un’avanguardia. Da allora tuttavia  l’educazione sessuale viene bloccata in vario modo, dai genitori, che si sentono imbarazzati ed incerti, dagli educatori, che si sentono chiamati ad un compito cui non sono preparati e dai politici stessi, timorosi di perdere voti su temi così autocomplete-sexism3delicati. In molti Paesi, come in Inghilterra e in America, vi sono influenti lobby politiche e religiose che ritengono l’educazione sessuale nelle scuole come elemento di “corruzione” dei giovani. Per non parlare dei programmi di astinenza, che si cerca di inculcare nei giovani, specialmente in America, con promesse di verginità che poi spesso non vengono mantenute. Ormai famoso il cosiddetto ” anello della purezza“. Nell’ Italia di forte matrice cristiana sembra oggi che siano più i politici che si professano cattolici a frenare queste proposte, cavalcando paure sempre nuove. L’ultima moda è la cosiddetta “teoria gender”.
Il 18 dicembre 2014 i deputati Vezzali, Rabino, Galgano, Librandi, Porta, Sottanelli, Marazziti, Falcone, Fitzgerald Nissoli, Matarrese, Vargiu, Monchiero, Oliaro  hanno presentato una proposta di legge chiamata: Istituzione dell’insegnamento dell’educazione socio-affettiva nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado nonché nei corsi di studio universitari, che si rifaceva alle linee guida pubblicate dall’ OMS nel 2010. Questa la prefazione:

“Onorevoli Colleghi! Il dibattito sul tema dell’introduzione dell’educazione socio-affettiva nelle scuole è iniziato in Italia già nei primi anni del secolo scorso, quando fu presentata una proposta di legge per l’introduzione di un corso di educazione sessuale nelle scuole, ma non si è mai arrivati a un risultato concreto.
      A differenza della situazione europea, che ci mostra come l’educazione sessuale a scuola sia presente in quasi tutti i Paesi e sia svolta dai docenti stessi, in Italia esiste un vuoto legislativo in tale ambito. La materia socio-affettiva trova pari dignità di studio di altre discipline ed è quindi auspicabile la sua introduzione nel piano dell’offerta formativa.
      In Olanda, ad esempio, il Parlamento ha messo a punto programmi di educazione sessuale in cui gli insegnanti sono incoraggiati a parlare di sessualità senza impedimenti. Non a caso, l’Olanda è il Paese in Europa con minore tasso di gravidanze delle giovani donne, e sebbene gli studenti olandesi comincino le lezioni sulla sessualità in giovanissima età, il loro primo rapporto sessuale avviene intorno ai diciassette anni, più tardi che in Italia o in Inghilterra.
      La ragione che sta alla base della proposta di legge parte dalla considerazione che a distanza di quaranta anni dall’entrata in vigore di leggi specifiche sulle pari opportunità, è necessario fare il punto sull’attuazione delle normative di riferimento, soprattutto nel campo dell’educazione e della formazione.
      Nelle scuole non esistono percorsi formativi per gli alunni e per gli insegnanti in materia di educazione sentimentale e sessuale, mentre assistiamo inermi, dopo un ventennio di utilizzo del corpo femminile nella comunicazione, a fenomeni di sessismo, bullismo e violenza sessuale tra i giovani. La proposta di legge ha anche l’obiettivo di contribuire al cambiamento di mentalità dei giovani favorendo la creazione di un giusto modello culturale tra i generi, nonché di colmare il divario tra la qualità dei saperi prodotti dalle donne e la diffusione delle conoscenze nel mondo scolastico e formativo.
      Sebbene vi siano stati anche in passato sporadici tentativi di insegnare gli argomenti della sessualità nelle scuole, ben pochi possono affermare di aver trovato nell’istituzione scolastica il luogo e il mezzo più idoneo per la divulgazione di informazioni e la principale fonte dell’apprendimento su tali argomenti. Gli aspetti della sessualità si imparano, di fatto, dagli amici, in famiglia e sempre più spesso dai media, purtroppo in modo fuorviante.
      Le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’educazione alla salute invitano a trattare l’argomento in maniera curricolare e multidisciplinare fin dalla scuola primaria. Infatti, il compito di condurre i bambini e i ragazzi alla scoperta dei rapporti affettivi e di rispetto dell’altro genere ricade prima di tutto sulla scuola, sugli psicologi, sugli psicoterapeuti e sui sessuologi e non sui genitori che, spesso, non sono in grado di svolgere correttamente questo compito.
      I temi da trattare in ambito scolastico sono molteplici: dalla prevenzione e dalla tutela della salute sessuale, intesa come benessere psico-fisico e prevenzione delle malattie trasmissibili, alla competenza del mondo degli adulti a costruire un confronto positivo tra i sessi rispettoso della parità e delle differenze, al superamento delle difficoltà tra i sessi e al rispetto degli atteggiamenti e dei comportamenti.
      L’emergenza sul piano sanitario legate alla diffusione delle malattie a trasmissione sessuale, molte delle quali in aumento soprattutto tra i giovanissimi, è un fenomeno preoccupante che richiede un’informazione puntuale congiunta all’insegnamento di atteggiamenti positivi e responsabili che inducano la consapevolezza degli eventuali rischi e quindi dei necessari comportamenti protettivi.
      Occorre agire anche sul fenomeno del disagio giovanile espresso attraverso i comportamenti a rischio, che molto spesso sfocia in comportamenti violenti, e sul fenomeno sempre più diffuso del bullismo o del ricorso ad alcool e a droghe.
      Aiutare i giovani e insegnare loro comportamenti corretti e di dialogo nel rispetto delle differenze di genere è senza dubbio lo strumento fondamentale per favorire lo sviluppo dell’autostima, della tolleranza e della consapevolezza dei propri sentimenti.”

Giustamente il documento sottolinea anche come una educazione sessuale sbagliata possa portare ad atteggiamenti aggressivi e violenti sia nei rapporti fra i sessi -violenza domestica e “omicidio passionale e d’onore”- sia nei confronti del diverso da sé, come nel caso dell’omofobia. In effetti la lista di chi denuncia gli stupri conta, in 12 mesi, oltre 3.600 casi. Dai dati del ministero dell’Interno – dal 4 marzo 2014 al 3 marzo 2015 – si registrano con esattezza 3.624 episodi di cui il 91,7% ha visto vittime delle donne. Dati non consolidati da aggiungere alle storie di chi non riesce a rompere il silenzio. L’anno precedente (marzo 2013 – marzo 2014) sono stati 4.607 i casi di stupro registrati, 12 mesi prima (marzo 2012-2013) la cifra è pari a 4.948. Tuttavia la proposta ha scatenato una serie di reazioni e di contropropaganda, rivolta soprattutto contro le indicazioni dell’OMS. /></p>
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Questo è un esempio dei volantini distribuiti in tutta Italia da associazioni di genitori spaventati da qualcosa che non hanno probabilmente letto per intero. In realtà le indicazioni date dal documento in analisi sono molto più complesse e riassunte bene in questo passaggio:

Nel presente documento si è scelto intenzionalmente di sostenere un approccio in cui l’educazione sessuale abbia inizio fin dalla nascita. A partire dalla nascita i neonati apprendono il valore e il piacere del contatto fisico, del calore umano e dell’intimità. Ben presto imparano cosa è “pulito” e cosa è “sporco” e in seguito imparano la differenza tra maschi e femmine e tra persone amiche e sconosciuti. L’essenza del discorso è che a partire dalla nascita i genitori in particolare mandano ai bambini messaggi inerenti il corpo e l’intimità. Detto in altri termini, stanno facendo educazione sessuale. (OMS, p. 13).

Interessante in questo senso l’analisi approfondita punto per punto fatta da Sergio Stagnitta, psicologo e psicoterapeuta, sul sito dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. Al di là di delle forzature, va tenuto presente che i bambini sono curiosi per natura, di tutto. Per questo apprendono così in fretta, per questo i primi anni della vita sono così importanti. Apprendono dai genitori, prima, poi dagli ambienti con cui vengono in contatto e imparano i modi di fare, il linguaggio, i termini, i valori. Imparano il giusto e lo sbagliato. In tutto questo, non possono non assorbire anche il rapporto che i genitori hanno con il loro corpo e con quello degli altri, le dinamiche affettive che si sviluppano in famiglia. Tutto questo è educazione sessuale. Il fatto che vi sia un insegnamento disciplinato da leggi, impartito con basi scientifiche fondate, uguale in tutto il territorio, e adeguato alle esigenze di ogni età dello sviluppo non può di sicuro essere nocivo. Può invece migliorare i rapporti dei bambini con se stessi e con gli altri, diminuire il tasso di infezioni sessualmente trasmesse, il tasso di gravidanze indesiderate (per inconsapevolezza o sottostima delle azioni di cui si è responsabili) e aborti fra minori, e forse anche il fenomeno descritto da Beatrice Borromeo sul Fatto Quotidiano secondo cui è moda per le ragazzine perdere la verginità prima del secondo anno del liceo, non importa come.  /></p>
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