Anche il letto, oltre al tavolo, nella tradizione della Commemorazione dei defunti del 2 novembre

“Si dice che…” è formula assai cara a me e a noi di Said in Italy ed è tornata più che mai forte oggi, ripetuta in tante occasioni come introduzione dei vari racconti circa le tradizioni familiari per la Commemorazione dei defunti del 2 novembre di cui si parlava nel consesso, più femminile che maschile, a cui partecipavo fortunatamente e indegnamente, data la mia ignoranza in materia e fortunata erudizione ottenuta.
Indegnamente, oltre che per il mio non sapere specifico, anche per il mio superficiale approccio al tema, ammantato all’inizio quasi di razionale distacco perché sì, stiamo parlando di storia, ma di quella storia da cui i più dei ricercatori rifugge e che si lascia allo studio degli antropologi più che degli storici, persino se appassionati di Nouvelle Histoire e specificatamente di histoire matérielle.
Con gli uomini, quasi tutti beatamente più giovani di me,  affaccendati a seguire la solita ennesima annichilente diretta calcistica televisiva, ero interessato, giocoforza,  ai discorsi delle donne sulle memorie di feste come quella di Ognissanti e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti – per restar ligio alla formula precisa e anche al ruolo di maiuscole e minuscole come da canone attuale presso il Vaticano.
Il trasferimento generazionale di cultura, familiare e anche materiale, avviene proprio in queste ricorrenze e, novità delle novità, ormai i nipotini introducono la presenza di tablet e di smartphone dai quali attingere non solo risposte a domande ma anche stimoli e rinvii o “link” per evoluzioni della cultura medesima, un dare e avere tra presente e passato sia prossimo sia remoto.
Non mi dilungo sugli sforzi da parte delle partecipanti alla discussione circa la contestualizzazione di feste come quella di Halloween, tema centrale e un po’ noioso, a dire il vero, per me fino a che, però, con mia grande gioia davvero internet e questi strumenti tecnologici hanno permesso una chiave di contestualizzazione  senza troppi voli e verbosità. La mia nipotina è riuscita ad appassionare ed entusiasmare me e il resto del gruppo con le letture, tra le altre, di questi due link che gelosamente mi sono fatto copiare e incollare nel documento poi riversato nel presente post:

Ve ne raccomando le letture perché piacevoli e brillanti ma anche perché piene di ulteriori rimandi a fonti precise sul tema delle celebrazioni e delle tradizioni regionali, quando non addirittura di vallata o municipali, di queste festività o commemorazioni nell’arco dei tre giorni tra il 31 ottobre e il 2 di novembre.
Lo stimolo indotto dalle letture ha, però, permesso – ed è la ragione vera del mio scrivere – anche il riemergere dalle memorie dei più anziani di alcune peculiarità che si sono aggiunte a quanto riportato dalle due più che competenti scrittrici sopra citate e che fan riferimento ad aree geografiche di provenienza del mio parentado non proprio lombarde (regione in cui risiedo).
Pare, anzi, “si dice che” in Piemonte nella zona tra Saluzzo, Savigliano, Carmagnola (e magari altrove) una prozia da parte materna fosse solita di non limitarsi a lasciar per le anime dei familiari defunti “in visita” nella notte tra il 1° novembre e il 2 novembre il solo tavolo imbandito ma anche il letto. Si era soliti, infatti, lasciare sul tavolo la bottiglia di vino e i bicchieri colmi per ciascun caro defunto e gli avanzi “nobili”, cioè non rimasugli di consumo non terminato dai commensali viventi ma una quota predisposta in più appositamente perché rimanesse a disposizione degli “ospiti” defunti, perlopiù a base di castagne bollite o, più facilmente, arrostite sulla piastra della stufa a legna (potagè/putagè in dialetto piemontese ma non ne conosco la grafia corretta). In più e fonte di mia sorpresa, la prozia lasciava pronto e ben rifatto dal mattino anche il letto (probabilmente con le lenzuola pulite, elemento non di poco conto per l’epoca e in considerazione della stagione), così che le anime dei cari defunti potessero non solo ristorarsi con vino e castagne ma riposare e condividere le preghiere del Rosario recitato dalla prozia e dal prozio, finora “assente” dalla sceneggiatura in quanto si dice che fosse estraneo alla sceneggiatura del rito e al deposito della medesima liturgia come conoscenza salvo esserne mero strumento passivo.
La veglia, quindi, era scandita dal sacrificio del riposo a letto e dalla recita del Rosario ulteriore a quello del giorno festivo antecedente, il tutto secondo una scenografia di stanza senza lumi o altra fonte di luce e destinata a terminare non si sa bene quando: se al primo sole, sacrificio assai pesante, o alla fine del rituale delle preghiere, probabilmente legato al numero dei defunti cari.
Rimane il fatto che, almeno per le mie orecchie e mia memoria, la messa a disposizione ritualizzata del letto è un elemento che non conoscevo e che, con lo stimolo di internet che ha rinfrescato memorie sopite, condivido volentieri con voi proprio in questa mia parziale veglia, più laicamente lavorativa, nella notte a cavallo tra il 1° novembre, Festa di Ognissanti, e il 2 di novembre, Commemorazione dei defunti.

 

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