JAZZ: UNA PAROLA E UN SIGNIFICATO? Etimologia e semantica della parola jazz

Sembra ovvio parlare di musica jazz come di musica americana. Ogni nazione può vantare il proprio personale tipo di musica che spesso deriva dalle tradizioni popolari, da semplici canzoni o da canti religiosi locali.

In America, tuttavia, le tradizioni popolari non erano mai state tanto evidenti, almeno inizialmente, in quanto paese “giovane” dove gli antenati e progenitori della maggior parte dei maggiori compositori americani dell’Ottocento e inizio Novecento venivano da paesi diversi. Per fare alcuni nomi eccellenti, Howard Hanson (1896-1981) aveva genitori svedesi, Walter Piston[1] (1894-1976) italiani, George Gershwin (1898-1937) russi e Charles Ives (1874-1954) inglesi. L’America, infatti, non ha avuto tempo di sviluppare una propria musica nazionale durante tutto il 1800, tant’è che, inizialmente, i compositori americani, che andarono anche in Europa per svolgere un periodo di studi di perfezionamento[2], si limitarono ad imitare i grandi compositori europei (ad esempio, Brahms, Wagner, Liszt, ecc.)[3].

E così anche la parola jazz può forse derivare da un tentativo più o meno consapevole, da parte di un insieme eterogeneo di culture differenti, di creare una identità e linguaggio musicale nazionale che cercò di svilupparsi dalla metà dell’Ottocento in avanti. Questa parola, oggi, identifica un insieme di sottocategorie musicali molto variegato che vanno dal ragtime, al bebop, al blues, allo swing, ecc. e che rende difficile il tentativo di dare una definizione chiara ed univoca.

La storia della parola jazz

Da un punto di vista storico, sono da annoverare alcune date che rendono significativa la diffusione di questo nuovo genere musicale e, di conseguenza, la nascita del suo nome:

  • 1862-1865, date dell’abolizione della Schiavitù negli Stati Uniti, dopo la quale la musica cosiddetta nera cominciò a diffondersi nell’intero continente americano e ad evolversi più rapidamente anche in Europa;
  • 6 marzo 1913, data della prima testimonianza su carta stampata in cui la parola jazz è stata utilizzata e che viene da una cronaca sportiva apparsa sul “The Bulletin” di San Francisco in cui, sebbene sia stato sempre caricato di significati sessuali, il senso del termine sembra invece riferirsi alla rapida maturazione di un giocatore o forse per indicare una squadra che avrebbe dimostrato di avere del “jazz”, cioè, del “pepe” e dell’entusiasmo[4];
  • 12 novembre 1917, data della chiusura dei bordelli del quartiere a luci rosse Storyville di New Orleans[5] e che fu la culla del jazz dall’anno 1897 (anno della creazione di questo ghetto con lo scopo di controllare meglio la malavita e la prostituzione) e che dopo la chiusura aveva trapiantato le sue radici a Chicago: la Creole Jazz Band di Joe “King” Oliver che nel 1922 si arricchì della più prestigiosa tromba jazz di tutti i tempi, Louis Armstrong.
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La storia del jazz è, per l’appunto, anche la storia di una parola che spesso gli italiani pronunciano gèzz, in un modo foriero di equivoci e incomprensioni per gli inglesi e americani, i quali associano tale pronuncia, invece, agli aerei a reazione: i jets. La pronuncia più corretta, infatti, dovrebbe essere giàas o giaes (dʒæz), con la a più o meno aperta, a seconda che la dizione sia americana o inglese[6].

Incerta è ancora oggi l’origine del nome jazz

Alcuni dicono che sia la corruzione del francese jaser (far rumore, vociare, pettegolezzo) dato che a New Orleans, dove nacque il jazz, i francesi e i creoli d’origine francese erano e sono ancor oggi numerosissimi. 
C’è invece chi dice che si tratti d’una derivazione dal nome di un leggendario suonatore del secolo scorso e che si chiamava Jess (o Jassbo) Brown, proprietario di un cabaret negro di Chicago, il quale avrebbe costituito una specie di orchestrina composta da pianoforte, violino, clarinetto (o saxofono), tromba a pistoni, trombone, banjo e alcuni strumenti di batteria suonati da una sola persona.
Per altri ancora si tratta di un’espressione dialettale congolese che allude all’eccitazione sessuale, cosa che darebbe credito a coloro che vedono nel jazz soprattutto una musica dall’accento afrodisiaco, nonostante però molti sostengano che l’influenza dei canti popolari di ispirazione religiosa (ad esempio, gospel, spirituals, ecc.) avessero avuto una grande influenza sulla nascita del jazz.
Tuttavia, è proprio il fatto che questa musica venne suonata soprattutto nelle oltre 200 case di tolleranza di Storyville ad acquisire maggiore attendibilità sul significato della parola, anche se tutta la musica jazz suonata prima della Prima Guerra Mondiale veniva spesso chiamata ragtime e, in particolare, quella pianistica di cui Scott Joplin fu uno dei massimi esponenti[7].
Alcuni, infine, lo fanno derivare da un’espressione in uso nei bassifondi di New Orleans: “Jazz them boys” (“forza ragazzi”).

La parola jazz e la sua etimologia rimangono, quindi, molto oscure e controverse e a tutt’oggi nessuna ipotesi è stata provata in modo convincente e definitivo. Scremando le congetture più deboli, rimangono due teorie valide[8].

La prima è sostenuta dallo scrittore Clarence Major[9], secondo il quale

“jazz […] è molto probabilmente una parola moderna per jaja (Bantu)[10], che significa danzare, suonare […] forse una parola creola della parola Ki-Kongo[11] dinza e della prima variante di New Orleans “jiizz[12]. A corroborare questa tesi c’è il fatto che molte parole Kongo sono sopravvissute nel linguaggio degli schiavi, ad esempio, mambo, tango, rumba, milonga, sarabanda.

La seconda teoria è quella di Dick Holbrook che, basandosi su un precedente lavoro di Peter Tamoy, appoggia l’idea che la parola derivi dagli americanismi gism e jasm. Essi risalgono all’Ottocento, sempre con il significato di spirito, energia, talento, coraggio, audacia, entusiasmo e abilità. Nell’America del Sud gism significa sugo, salsa di crema[13]. Nel gergo colloquiale dell’America del Nord significa seme, lo sperma maschile. Gism e jasm hanno un suono simile e forse è possibile che con il passare degli anni si sia perso il suono soffice della “m” finale. La parola gism è largamente attestata dalla metà dell’Ottocento, ma la connessione tra jazz e jasm non può essere dimostrata con certezza[14] (Oxford English Dictionary).

L’associazione della parola jazz con la musica è avvenuta nel 1915 quando la parola si diffuse a Chicago dove il gruppo bianco di Tom Brown da New Orleans era descritto come jazz, e quel nome venne esteso a tutto quel tipo di musica[15]. Curiosamente la parola jazz non veniva usata a New Orleans dove arrivò molto più tardi: quello che altrove era jazz, nel Sud continuava ad essere chiamato ragtime. D’altra parte, nel Nord, la parola jazz era applicata a un raggio di musiche più ampio di oggi come quelle di George Gershwin, Louis Armstrong, Irving Berlin, Paul Whiteman, Duke Ellington: di fatto, jazz era usato per riferirsi a qualsiasi tipo di musica popolare da ballo o con ritmo vivace[16].

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Qualunque sia l’origine del nome, i primi jazzisti neri fecero la loro apparizione a New York nel 1914-1915, ed avevano la composizione strumentale a cui abbiamo accennato in precedenza. La loro caratteristica era l’improvvisazione: la tromba a pistone o il clarinetto arrestavano all’improvviso la loro frase melodica e si lanciavano in fioriture, cadenze, variazioni, senza tuttavia mai abbandonare il ritmo[17].

Rimane, infine, quella definizione molto romantica e intrisa di significato che venne data dallo scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald:

“jazz […] nella sua marcia verso la rispettabilità ha significato prima sensualità, poi danza, infine musica. È associata ad uno stato di eccitazione nervosa non dissimile da quello di grandi città alle immediate retrovie del fronte”.

Ma Fitzgerald, più in generale, parlava più che altro di jazz age (età del jazz) riferendosi al jazz bianco di Whiteman e Gershwin e non già al filone negro che aveva trapiantato le sue radici da New Orleans a Chicago. Tale definizione si riferiva all’epoca degli anni Venti caratterizzata da quello sfrenato edonismo e convulsa eccitazione che Fitzgerald ben descrisse nei suoi racconti più famosi (ad esempio, The Great Gatsby, Tales of the Jazz Age, ecc.)[18].


[1] Uno dei più grandi teorici musicali autore di manuali di Orchestrazione, Armonia e Direzione ancora oggi usati nella maggior parte delle scuole musicali.

[2] “Manuale di storia della musica – Vol. IV”, Edizione Rugginenti, 2007.

[3] “Giocare con la musica”, L. Bernestein, Edizioni Excelsior, 1981.

[4] “I segreti del Jazz” – Stefano Zenni, Edizioni Feltrinelli, 2007.

[5] Storyville era un quartiere malfamato di New Orleans dove vi si trovavano più di 200 bordelli e dove avvenivano fatti orgiastici talmente eccessivi che indussero il comandante di guarnigione a ordinare la chiusura di tutti i locali nel 1917 ed espellere 3000 prostitute e tutti i tenutari. L’effetto di tale chiusura fu la diffusione del jazz per il mondo perché i musicisti rimasero senza lavoro e furono costretti a cercare occupazione in altre città del Nord.

[6] https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/jazz

[7] “Il libro del jazz” – S.G. Biamonte, E. Micocci Edizioni Universale Cappelli.

[8] “I segreti del Jazz” – Stefano Zenni, Edizioni Feltrinelli, 2007.

[9] “Juba to Jive: A Dictionary of African-American slang”, Clarence Major, Viking, New York, 1994.

[10] Gruppo etno-linguistico che comprende oltre 400 etnie dell’Africa subsahariana e distribuite dal Camerun all’Africa centrale, orientale e meridionale.

[11] Ki-kongo è la lingua bantu parlata dalle popolazioni Bakongo e Bandundu che vivono nelle foreste tropicali della Repubblica Democratica del Congo, della Repubblica del Congo e dell’Angola.

[12] “Jazz: A Century of Change. Readigns and New Essays”, Lewis Porter, Chrimer New York, 1997.

[13] “The Jazz Cadence of American Culture”, Robert G. O’Meally, Columbia University Press, 1998.

[14] “Jazz: A Century of Change. Readgins and New Essays”, Lewis Porter, Chrimer New York, 1997.

[15] “Jazz: A Century of Change. Readgins and New Essays”, Lewis Porter, Chrimer New York, 1997.

[16] “I segreti del Jazz” – Stefano Zenni, Edizioni Feltrinelli, 2007.

[17] “Dizionario della musica” – Della Corte A., Gatti G.M., Edizioni Paravia.

[18] “Il Novecento nell’Europa orientale e negli Stati Uniti”, Gianfranco Vinay Edizioni EDT, 1991.

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