La pulce d'acqua

La pulce d’acqua. La maestria di Angelo Branduardi.

Continuiamo con La pulce d’acqua di Angelo Branduardi il nostro percorso tra la musica e il proprio radicamento d’origine, i suoi percorsi di genesi e formazione che richiamano a epoche e luoghi apparentemente distanti e invece, avvicinati proprio dalla musica che ne nasce e ne è testimone.

Nulla che abbia pretese scientifiche, nulla che voglia essere altro se non l’offrire qualche chiave di lettura in più, per ricostruire il percorso sotterraneo delle radici musicali, dei richiami storici e geografici che corrono sotto il pentagramma e permettono la pervasività della linfa di memoria e condivisione anche inconscia tra gli uomini.

La pulce d’acqua… Sonorità che ammiccano a tradizioni musicali irlandesi narrando di una spiritualità dei nativi d’America

E in un certo senso emblematica è proprio La pulce d’acqua così come il suo autore ed interprete, il suo spirito, la sua capacità di far richiami alla tradizione non solo a lui geograficamente più vicina e a portata, ma distante, lontana.
Un segno di cultura musicale che non appesantisce la leggerezza del brano e non zavorra a chissà quali riflessioni: un segno di cultura che fa rivivere tempi e civiltà, luoghi e sensibilità senza l’obbligo di distogliere orecchio e cuore dalla musica.

Angelo Branduardi: un Maestro trasversale e multiculturale eppure… proprio italiano

Angelo Branduardi si muove con maestria ed eleganze, mai stucchevole e mai sterilmente retorico, e vola sulle contaminazioni come il suo nome: nomen est omen! La musicalità del brano entra come imperativo in chi ascolta, imperativo alla danza, al coinvolgimento globale del  corpo e dell’animo in un travolgente stimolo alla vitalità.

La pulce d’acqua

Un’antica leggenda degli Indiani d’America, i nativi di quegli spazi immensamente vergini, raccontava che un insetto, una pulce d’acqua, minuscolo e sfuggevole, fosse capace di rubare l’ombra a chi avesse spezzato le regole di armonia dettate dalla Natura. La punizione per tale peccato, irrogata da una così umile creatura, era ritrovarsi spossessati, per contrappasso, della propria ombra, perché l’ombra era la parte del fisico umano, del corpo,  più sfuggevole: una proiezione che raccontava del corpo medesimo dentro la Natura, una elemento promanato dal fisico ma intangibile, come lo spirito vitale.

Privato dell’ombra, il destino del peccatore, tale anche solo per imprudenza o superficialità, era segnato: perdere sé, perdere la propria vitalità a causa della malattia punitiva,  a meno di… espiare la propria colpa, ripristinando l’armonia, cantando, a lungo, e la pulce d’acqua, sfuggevole tanto quanto vigile, riterrà espiata la colpa e perdonato il peccato, rendendo l’ombra al suo fisico.
Perentorio e straordinariamente didascalico è il tono di “…e ora tu sei malato”, dove l’ora è un allora, nesso eziologico di colpa, e il tu l’imputazione non mediata e non attenuata della colpa.

Procurare la morte per schiacciamento è l’emblema della pretesa superiorità dell’uomo che sopprime l’altro per sola potenza rude, per pressione, e in questo simbolo vi è tutta la tracotanza dell’uomo stesso, convinto di essere il dominatore fisico dell’universo come in realtà non è.
La sua vera forza, infatti, il vero simbolo della vitalità anche dell’uomo è non nel suo peso fisico ma in quella sua ombra intangibile di cui non si accorge nemmeno dell’importanza finché non la perde e di come sia la vera proiezione di sé grazie alla luce dell’altro da sé. Una intangibilità piena e vivificante  ma spossessabile, confiscabile. Ciò che si toglie per peso e gravità si recupera per melodia e, di nuovo, intangibilità del canto.
Una visione dinamica della vita, di equilibri dinamici, cromatici, che la musica del brano rende e restituisce in tutta la sua portata semantica: così tanto in una sintesi elegantemente leggera.
E allora… a lungo… a lungo cantare per farsi perdonare!

L’arte che riporta l’uomo in equilibrio dai suoi viaggi e azioni da “deliri di onnipotenza”, il canto come formula magica ancestrale che allontana la malattia e la morte

Il legame con Ballo in Fa diesis minore è forte ed evidente, oltre che tangibile nella pubblicazione dei lavori di Angelo: la sua visione del mondo è una visione olistica costante nel tempo, già forte in origine, intrisa fino al profondo di carica spirituale. Ma nel Ballo in Fa diesis minore  il peccato dell’uomo è nella sua immanenza fisica, non è che la sua caducità fisica e la soluzione è l’astuzia espiatrice e salvifica dell’uomo: far ballare la “Morte che porta corona“, di tutti noi signora e padrona, che si presenta forte del suo strapotere ed arrogante nella sua retorica (parleremo di Ballo in Fa diesis minore in altro post).

Ogni personaggio della canzone La pulce d’acqua, di nuovo una storia di interazione per nesso come nell’altro grande successo Alla Fiera del’Est, ha una sua aggettivazione ben precisa : la pulce è d’acqua, la mosca è d’autunno, la serpe è verde. Tutto è caratterizzato per avere una individualità ben netta ma aperta, che lega ad altro, un tratto che si allarga in un gioco di colori o di stagioni o di luoghi. Un senso di comunione come di appartenenza, in un ordine fatto di sfumature leganti confini precisi.

In questo concerto, Angelo scatena il suo violino, far salire le note al cielo, porta le melodie a spingere chi ne è avvolto a danzare; è una leggerezza feconda che rifonde la vitalità a chi ha perso, nel quotidiano di oggi come di ieri, di qua nel mondo come di là nel mondo, la propria ombra.

Straordinario, Angelo, straordinario!

Riportiamo il testo per aiutare i tanti amici delle Americhe e tutti gli altri amici degli altri continenti che leggono il nostro blog Said in Italy  e per tutti coloro che non hanno dimestichezza piena con questo brano e con l’italiano.

I diritti su musiche e testo, sulla canzone nel suo complesso e sul video, presenti in questa pagina sono di esclusiva proprietà dell’Autore/degli Autori e la divulgazione da parte nostra è solo per promozione culturale e studio.

La pulce d’acqua (di Angelo Branduardi – Luisa Zappa Branduardi)

E’ la pulce d’acqua
che l’ombra ti rubò
e tu ora sei malato
e la mosca d’autunno
che hai schiacciato
non ti perdonerà.
Sull’acqua del ruscello forse tu
troppo ti sei chinato
tu chiami la tua ombra ma
lei non ritornerà.

E’ la pulce d’acqua
che l’ombra ti rubò
e tu ora sei malato
e la serpe verde
che hai schiacciato
non ti perdonerà.
E allora devi a lungo cantare
per farti perdonare
e la pulce d’acqua che lo sa
l’ombra ti renderà

Print Friendly, PDF & Email

About El Cid

Check Also

Le canzoni, le poesie dei nostri tempi

Per noi giovani è normale passare le giornate con una cuffietta nell’orecchio ascoltando  musica. Ognuno …

2 comments

  1. Grazie

  2. Sono ammutolito ed estasiato da questa descrizione. Per ciò che ora ho nel cuore, per ciò che ora ho appreso, ho perso le parole. Grazie <3

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *