Oggi, 25 novembre 2015, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. VIDEO DA VEDERE

Violenza sulle donne.  Se avete poco tempo e non avete voglia di leggere qua il commento seguente, non perdete del tempo, non leggerete alcunché di nuovo o di particolare o così importante come, invece, è vedere il video in questo post, video della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle Pari Opportunità (http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2701-25-novembre-2015-stopviolenzadonne):
andate subito al video qua sotto in fondo.

Violenza sulle donne.
Tema dal giuridico all’antropologico, che bascula su estremi dall’inevitabilità biologica e strutturale (presunta) inferiore al patrimonio culturale e sociale, e tutte le varie sfumature di mezzo che affondano nei secoli e nei deliri. A volte passa come tema trito e ritrito e in parte lo è ma lo è perché trita e ritrita è la retorica senza efficacia accompagnata inscindibilmente da un certo supino accettarla.
Tutti schierati contro e poi, nei meandri ma anche nei saloni e salotti buoni delle società e delle religioni, la “violenza” si edulcora in rito, liturgia, status, necessità e ogni dabbenaggine che permetta di lavarsi le mani e tenersi sporca la coscienza.
Fa sorridere, amaramente e purtroppo, scoprire come le violenze sulle donne siano a volte una conseguenza “inevitabile” dell’immigrazione e che certe etnie siano le prime colpevoli di abusi e sevizie di ogni tipo sulle donne. Fa sorridere perché le violenze sono, invece, anche e soprattutto domestiche, familiari, una sorta di pernicioso chilometro zero della violenza.
Fa sorridere, amaramente e purtroppo, come l’invito ad essere inclusivi e rispettosi di certe pratiche religiose sia sostenuta dalla stessa parte politica o culturale che poi si schiera in prima linea contro gli abusi fisici e psicologici delle donne e le pari opportunità.
Fa sorridere, amaramente e purtroppo, che fino al 1981, prima tappa, e poi solo nel 1996 un inquadramento giuridico in Italia non bestiale, non animalesco, non idiota non fosse venuto ancora a rimuovere la bestialità, l’animalesco e l’idiozia anacronistica riguardo la violenza in ambito sessuale.
Da Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_sessuale, fonte disponibile e comprensibile un po’ per tutti e senza eccedere di tecnicismi)

Nel 1981 venne modificato il Codice Rocco riguardo alle cause d’onore. In particolare venne abrogato l’articolo 544 del codice penale italiano che ammetteva il “matrimonio riparatore”: secondo questo articolo del codice, l’accusato di delitti di violenza carnale, anche su minorenne, avrebbe avuto estinto il reato nel caso di matrimonio con la persona offesa. Questo articolo fu abrogato con l’articolo 1 della legge 442/1981[11].

Fino al 1996 rimase in vigore la sezione del Codice Rocco per il quale la violenza sessuale ledeva la moralità pubblica: i reati di violenza sessuale e incesto erano rispettivamente parte “Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” (divisi in “delitti contro la libertà sessuale” e “offese al pudore e all’onore sessuale”) e “Dei delitti contro la morale familiare”. Con la legge n. 66 del 15 febbraio 1996, “Norme contro la violenza sessuale“, si afferma il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, che viene coartata nella sua libertà sessuale, e non contro la morale pubblica.

La violenza sulle donne non è solo quella sessuale. Il sesso, la fisicità non esauriscono certo la complessità del tema ma l’esempio eclatante è proprio nella sua essenza sia fisica tangibile sia quasi nel suo, talora, elevarsi a patrimonio storico e ancestrale, a fondamento del vigore fisico di un impero.
Non è ostracizzare da storia e letteratura, sarebbe un’opera ulteriormente idiota di non-comprensione, ma come dimenticare le gesta “eroiche” (virgolettiamo…) dei Romani nel ratto delle Sabine? Un conto è comprendere un conto è giustificare e la storia deve, deve e ancora deve essere compresa ma non per forza giustificato deve essere l’evento che la costituisce.
Sempre da Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Ratto_delle_Sabine

Roma è stata appena fondata, ma appare già come la più forte città della regione. In realtà ci vorranno alcuni secoli perché emerga sulle città vicine.
Secondo un’ottica tipica delle società guerriere e patriarcali, Roma è presentata come una città maschile: fondata e resa forte da uomini. Le donne servono per la procreazione e come strumento per stabilire vincoli e alleanze con i popoli vicini.
Secondo l’ideologia militare, il rapimento non si configura come un atto di violenza, ma come una risposta necessaria a un affronto.
La guerra costituisce la base della forza dello stato, che però deve essere anche capace di inglobare i popoli conquistati. Il mito del ratto delle Sabine diventa un modello politico: le donne, rapite con la forza, entrano a far parte della cittadinanza, ma il loro matrimonio costituisce la premessa di un’alleanza con il popolo sabino.
Se, da un lato, questo racconto riveste un interesse antropologico (il ratto delle Sabine può essere ricondotto a un particolare rituale matrimoniale che avveniva per rapimento), non si può sottacere che la storiografia latina ha mitizzato l’episodio. In ogni modo appare più probabile che la loro penetrazione a Roma sia stata pacifica: forse i Sabini hanno abbandonato i monti della Sabina poiché vedevano nel trasferimento a Roma la prospettiva di una sistemazione in un centro abitativo nuovo e più vivace. Essi si sarebbero così stabiliti sul Quirinale (o forse sul Campidoglio) nell’attesa di venire incorporati nel nascente organismo urbano.[28]

Dopo 2700 anni lo stupro da pulizia etnica ancora esiste ed è un vessillo di certe guerre sporche e luride.
Fare processi alla storia non ha senso, come detto, (soprattutto poi quando il giudice pare ancora di parte…) ma non evolversi e stare ancorati al passato sono segni e prova di ritualizzazione del male, di liturgia dell’accettazione dell’inevitabile e, per fortuna, persino la storia ha dato sussulti di umanità comprovati in ogni ambito di segregazione o molestie “naturali” che giustificano, questa volta sì giustificano, un minimo di ottimismo.

La donna non è un panda e non va tutelato come fosse un simbolo dell’equilibrio dell’ecosistema. La donna è persona e come persona merita rispetto e tutela, merita né più né meno di quel che spetta ad altra persona.
Nessuna religione, nessuna cultura, nessuna storia può dirsi completa nel suo processo se mette una persona al di sotto delle altre: meno che meno se ne mette quasi il 50%. Sono numeri e i numeri non conoscono pregiudizi.
Nessuna persona può pensare sé senza considerare che, almeno una volta nella vita, ha inevitabilmente avuto un legame profondo con una donna.
Nessuna vita, religiosa, sociale e storica, può essere pensata senza la donna e la donna rispettata come persona, e allora la violenza sulla donna è anche violenza sulla religione, sulla cultura e sulla storia, se non della religione, della cultura e della storia.

Il micromondo della famiglia e il macromondo dei popoli hanno questa onta e devono emanciparsene.

La violenza ha anche come correa la donna, se non nella sua totalità, in parte? La sagra delle demenza ha sempre nuovi adepti!
 Altro “bel” luogo comune! Ed entriamoci a pie’ pari in questo luogo comune: alcune (va sempre sempre sempre aggiunto questo “alcune”) donne si prestano a un certo tipo di cultura ed uso e strumentalizzazione di sé? Sì… Basta un giro per strada la sera, e anche di giorno, o in certi luoghi ma anche solo certi selfie o altro…
Sì, e quindi? Il problema non è nell’analisi, fermo restando poi che certi svilimenti o concessioni di sé siano poi davvero “liberi” o autodeterminati… e lasciamo perdere quanto il qualunquismo becero sia analiticamente deviato sul tema ma…il relativo di alcune è l’assoluto di tutte? Ma allora anche il suicida legittima l’omicidio… no? Invece no!
Anche quando una parte di persone, per proprie ragioni e sempre che siano libere e autodeterminate (appunto, ripeterlo giova), svendono o sviliscono un loro diritto, questo loro diritto è definitivamente perso in capo a loro e, ancor peggio,  vale per legittimare deduzioni o correlazioni verso l’altra parte, come se un suicida, appunto, non dovesse essere soccorso e legittimasse l’omicidio per tutti? Mai! Chi dispone “malamente” di un proprio diritto non legittima la irreversibilità della cosa né l’estensione della perdita in capo a tutte le altre persone a cui spetta un diritto.

E poi il paradosso della violenza: spesso chi giudica ottusamente male la donna è una donna. Se la violenza fisica è consumata dall’uomo, dal partner, dai familiari di sesso maschile il giudizio successivo è poi un cortocircuito, in non pochi casi, che aggiunge sale sulla ferita. Quasi ad ingraziarsi gli dei del terrore e del male, sono non poche volte le donne le peggiori maschiliste che fan carico di un giudizio morale che è una macina al collo a chi si trova nell’oceano della sofferenza, sperduta su una barca fatta di pochi solidi riferimenti. E proprio questo rende il tema non il quadretto di un un 50% di persone contro 50% di altre persone, non un blocco ben delineato di pura fisicità per cui agli ometti si dà l’azzurro e alle femminucce si dà il rosa, un colore è male e l’altro è il bene: purtroppo no, purtroppo è trasversale e rende il problema una epidemia trasversale. L’omertà è una sottomissione che, non giustificabile, è comprensibile; gli inviti al silenzio per non peggiorare i casi non rendono il quadro squallido: sono la riprova di una continuità di pressione sulle persone deboli, l’accettare un dramma certo per evitarne uno successivo probabilmente più grande. No, il punto è il classico “te la sei cercata”.

Ed è per questi motivi, e tutti gli altri che non abbiamo elencato, la violenza è violenza e, quindi, è sempre inaccettabile.

Noi, persone, prima che uomini (che, su un piano statistico innegabile,  materialmente e schifosamente lediamo la persona-donna) e prima che donne (le vere vittime, maggiormente vittime quando il contesto di tolleranza è anche femminile), noi  come persone uniti nella difesa del 50% di noi persone. Nessun panda, nessun simbolo, nessuna minoranza, nessun infedele: tutti noi  persone a difesa della metà di noi che ci ha dato la vita e protetto come vita.

GUARDATE QUESTO VIDEO: al momento appena 853 visualizzazioni (accesso al 25/11/2015 ore 15.10)… un segno inequivocabile…

Campagna informativa “100% contro la violenza sulle Donne”

 

G P El Cid
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