Quando il male tocca un bimbo. Parole di una mamma modello di un bimbo “con” diabete

Si dice che… quando il male tocca un bambino tocca il cuore di tutti.

E’ di non tanti giorni addietro la storia che ha commosso moltissimi non solo in Italia: tra i migranti via mare una bambina diabetica, a cui era stato buttato a mare lo zainetto con l’insulina, è morta per coma diabetico, con il padre tuffatosi tra le onde per tentare di recuperare vanamente il contenuto prezioso nello zainetto. Ho appreso la notizia da un mio amico qui, di Said in Italy ( www.saidinitaly.it), e anche non fosse vera, non so non ho appurato, mia colpa, ma tanto è bastato perché anche tra i più – a torto o ragione – oppositori di questi flussi vi sia stato un attimo di commozione.
L’umanità vive anche di queste scintille nella roccia.

Sono storie che si elevano a simbolo, a volte nemmeno storie vere nello specifico ma credibili e alfieri di storie invisibili ma vere, considerando quanti altri bimbi muoiono in paesi non fortunati dove l’insulina non si trova. Potrebbe essere altro, come medicine salva-vita, non solo l’insulina. Quando tocca un bambino, bianco o di altro colore di pelle, anche i più cinici hanno un sussulto nella compassione.

Di questi temi si parlava l’altra sera  con Marina, madre di un bimbo ammalatosi di diabete a 2 anni – sua mamma non si offende se lo chiamate malato, si offende se gli negate diritto di essere felice – e assieme ad altre amiche presenti  di cui quasi tutte mamme.
Si era solo tra donne, insomma, bimbo a parte,  e pur io non fortunata da poter ora essere madre sono però come una zia dei loro figli, meravigliosi tutti e alcuni toccati dal male, e così il tema dell’immaginare un futuro per suo figlio è diventato centrale.

Si può prendere un barcone come un Suv ma i timori sono i medesimi in ogni parallelo o meridiano.

Tra noi amiche s’annidava una malinconia quasi imbarazzata, un malcelato senso di pessimismo compassionevole verso il bambino che piangeva durante l’iniezione con “un aghetto” – così definito da Marina!

“Sì. sì, è un aghetto, fidatevi… Ora sono piccoli, ma anni fa erano ben peggio, quando in famiglia vedevo mia cugina Melissa farsi da sola l’iniezione… sembrano secoli fa. Aghi spessi e lunghi, le prime siringhe di plastica monouso, le prime lancette per forare il dito per l’esame capillare con le striscette reattive, altro che display! Ed erano conquiste! Si festeggiava ad ogni nuova uscita;  prima c’era la storia arcaica del diabete”

Ci diceva Marina dopo aver preso in braccio il bambino ormai già sorridente verso lei e noi e aver lasciato per qualche istante al legittimo protagonista la scena con un silenzio nostro rotto dalle dolci risate del figlio.

Rasserenateci tutte, Marina, donna semplice, amica vera e mamma sublime, ci ha raccontato cosa lei si era sentita di dire ad una riunione di genitori dei suoi scolari, lei insegnante di scuola elementare e già a contatto con il diabete, non solo in famiglia da tempo tra cugine e ora figlio, ma a scuola tra i banchi.

Con il diabete, care mamme e papà di bimbi con il diabete, vostra figlia o vostro figlio impara il senso della convivenza e dei propri limiti prima di ogni altro bimbo. Una lezione che io per prima vorrei non vedere insegnata così, in modo crudo. Ma si impara un qualcosa che è un valore aggiunto: da un male un bene.

Si impara il vero senso della convivenza. Non quella politica raccontata dai politici (pro o contro), semmai quella sociale, inclusiva ma ancor di più anche la convivenza con sé. Il senso di accettarsi e vivere adattivamente “CON”…  V i v e r e  CON – ripetevo scandendo –  e sta a noi non mortificare, per nostre visioni o proiezioni, questo “dono” dal male.”

Grazie Marina, parole vere. Madre insegnante.

Foto tratta da link http://specchioedintorni.it/natale/2012/12/29/2012-le-storie-che-ci-hanno-fatto-riacquistare-fiducia-nel-genere-umano_3198/attachment/bambini-diabetico-tatoo-2
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