Ricordando oggi Mia Martini (20 settembre 1947-12 maggio 1995)

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20 settembre 1947 nasce Mia Martini

Mia Martini è lo pseudonimo di Domenica Rita Adriana Bertè detta Mimì (Bagnara Calabra, 20 settembre 1947Cardano al Campo, 12 maggio 1995), sorella maggiore Loredana Bertè, anche lei cantante e con la quale non condivide solo l’impegno artistico ma anche giorno e mese di nascita.
Mia Martini è considerata insieme a Mina una delle voci femminili più belle ed espressive della musica leggera italiana degli ultimi cinquant’anni, caratterizzata dal suo essere sofisticata ma non stucchevole  e impreziosita da una forte intensità interpretativa.

La ricordiamo oggi, nell’anniversario della sua nascita.

La sua lunga carriera artistica ha un inizio precoce, a soli sedici anni, ma la giovane Mimì, pur brava, risulta ancora acerba, senza una propria e formata personalità che sia ben nitida rispetto ai cliché dell’epoca. Sono i primi anni sessanta, anni ruggenti quanto bulimicamente voraci nel mitizzare giovani talenti, soprattutto di provincia, per fagocitarli da lì a poco. Le dinamiche della macchina del successo di quegli anni, da trampolino a tritatutto, non sono troppo distanti, quanto ad intensità, da quelle dei giorni nostri: occorre muoversi, rincorrere produttori e palcoscenici più o meno di grido e cercare di sbarcare il lunario nei centri della musica che conta.
Dopo la fanciullezza trascorsa nelle Marche, in particolare a Porto Recanati, tenta a più riprese di emergere in festival locali, fino a fare un’audizione a Milano. Il trampolino non si rivela proficuo e così si trasferisce a Roma con madre e sorelle: questa volta prova ad emergere non come singola interprete ma formando un trio assieme alla sorella Loredana e al suo amico Renato Fiacchini (il futuro Renato Zero). L’esperienza non è fortunata ma il successo è di lì a poco a venire.
Ad inizio anni settanta la svolta avviene grazie all’incontro con l’avvocato Alberigo Crocetta.
Crocetta è produttore discografico ed è un attento e capace scopritore di talenti, tra io quali Patty Pravo e Mal, ma è anche fondatore del Piper, celebre locale romano che si affermerà vero e proprio incubatore e vivaio di talenti. Nell’orizzonte dell’ambizione di Crocetta per Mimì non c’è solo l’Italia e, d’altra parte, vuole togliere probabilmente quel velo di provincialismo che fin qui poteva aver zavorrato il volo della giovane cantante, e decide così di lanciarla secondo una formula che oggi non esiteremmo a definire piano di internazionalizzazione. L’operazione di rivisitazione della giovane cantante di provincia è una vera e propria raffinata strategia di marketing, con sue logiche e sue psicologie. Dall’animo e dalle passioni di Mimì da un lato e con un intelligente forma di parassitismo di marchi italiani noti nel mondo dall’altro, Crocetta si inventa lo pseudonimo che da lì in poi diventerà la seconda pelle di Mimì: “Mia Martini”. Dalla giovane, dalle sue passioni cinematografiche internazionali Crocetta inventa il Mia come Mia Farrow, attrice amata da Mimì, e a questo aggiunge “piratescamente” Martini , uno dei marchi simbolo dell’italianità all’estero. Ma l’opera di internazionalizzazione e caratterizzazione rispetto al cliché iniziale non si ferma allo pseudonimo ma si traduce anche in un nuovo modo di vestire e apparire, in una nuova forma scenica e di maschera quasi su misura: un camuffamento in delicato stile eccentrico, da zingara urbana, per non apparire “femmina” stereotipata ma essere in ogni caso ammiccante. A volte camuffamento ambiguo, con bracciali anelli e monili da donna che sono indossati con disinvoltura con simboli del vestiario maschile.

Arrivano così i suoi primi successi proprio in quegli anni: Padre davvero, Piccolo uomo, Donna sola, Minuetto, Il guerriero, Inno, Al mondo, Libera, Per amarti.

Non più Mimì ma Mia Martini
Non più Mimì ma Mia Martini

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Gli anni ottanta rappresentano la consacrazione di Mia Martini davanti a critica e pubblico.
Tuttavia l’inizio della decade non è dei più facili. Il 1981, infatti, è scandito due delicati interventi alle corde vocali: rimane afona per un anno intero e le muta il timbro di voce. Costretta al silenzio e nel vuoto lasciato dal dover dismettere i panni dell’interprete, Mia Martini si veste di quelli di compositrice e scrittrice, dedicandosi alla stesura di un intero album dal titolo semplice e diretto, Mimì.
Il secondo incontro decisivo per la sua carriera e la sua vita sentimentale è con Ivano Fossati, e grazie ad un brano del cantautore, E non finisce mica il cielo, Mia Martini si presenta al Festival di Sanremo nel 1982.
Il riscontro da parte dei tecnici e della critica è talmente positivo che, per premiare sia l’interprete che l’autore, i giornalisti istituiscono il Premio della Critica, premio che dal 1996 è intitolato proprio a Mia Martini.
Qua con Pippo Baudo, nella puntata di Domenica in successiva al Festival di Sanremo

https://www.youtube.com/watch?v=2aVi-W53t8A
Se l’infanzia e la prima adolescenza erano stati anni molto difficili e tormentati da drammi familiari in cui lei era stata una delle vittime, gli incubi prendono nuovo forma e violenza proprio nella seconda metà degli anni ottanta e ne risentono profondamente carriera artistica ma, soprattutto, la sua persona e la sua vita privata.
Proprio in seno a quella che doveva essere una sua seconda famiglia, il mondo dello spettacolo, diventa vittima incolpevole di una delirante serie di maldicenze a sfondo superstizioso, per il quale è considerata portatrice di funesti eventi per chi le sta vicino. Il tutto ha origine da un evento di una decina di anni  prima. Come racconta la sorella Loredana Berté (dal suo libro Traslocando: È andata così. 2015, ed. Rizzoli )

“La leggenda era nata all’inizio degli anni Settanta. C’era stato un concerto in Sicilia. Era finito tardi. Mimì si era raccomandata con la band: «Avete l’albergo pagato, dormite qui, mi raccomando». Ma i ragazzi, come capitava allora, avevano pensato di arrotondare la diaria viaggiando di notte. Ebbero un incidente, fecero un frontale, ci furono dei morti e i giornali iniziarono a pubblicare foto degli spartiti di Mimì insanguinati e a insinuare che non avesse voluto pagare l’hotel.”

Via via la macchina della superstizione prende velocità, accelera sull’autostrada dei vuoti mentali del passaparola di un ambiente tanto crudele quanto ignorante e per Mia Martini è uno sprofondare in un dramma che non le pare offrire vie di scampo che non siano il ritirarsi dalla scena, verso la metà degli anni ottanta.

Dal 1989 al 12 maggio 1995 è l’arco di tempo che porta dal riscatto al trionfo fino alla sua prematura scomparsa.
Grazie al suo straordinario talento interpretativo, Mia Martini riesce tornare alla ribalta riaffermandosi con un consenso ancora maggiore: è di nuovo il Festival di Sanremo che nel 1989, pur non vincendo e anzi classificandosi solo nona, le permette di lì a poco un trionfo di popolarità ma anche di critica grazie al brano Almeno tu nell’universo, di Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio. La carriera e l’entusiasmo di Mia Martini, oltre che la definitiva consacrazione presso il pubblico, fanno da volano per altri nuovi successi: La nevicata del ’56, Gli uomini non cambiano (presentati sempre al Festival di Sanremo, rispettivamente nel 1990 con vittoria di nuovo del Premio della Critica, e nel 1991 con cui si piazza al secondo posto  ) e Cu’ mme, duetto con Roberto Murolo.
Il 14 maggio 1995 viene ritrovato il suo corpo esanime ormai da due giorni.

Con quella sua voce, graffiante e ruvida e per questo perfetta a dare timbro e anima alle sue interpretazioni cariche di pathos, ha saputo cantare il meglio della canzone d’autore italiana ed internazionale, senza cadere nello stucchevole e riuscendo a coinvolgere anche il pubblico meno colto.
Una vita travagliata che si è sentita al sicuro e protetta forse solo negli affetti familiari delle donne della sua famiglia, ma che non le ha impedito di saper cogliere quella straordinaria  alchimia che sa comunque legare le donne agli uomini, spesso ingombranti quanto necessari controparti dell’universo umano; legame che è pura passione, a volte puro patimento ma che impone di andare oltre ai limiti che razionalmente dovrebbero frenare o far rompere una relazione.
Basta leggere il testo ma soprattutto cogliere la struggente interpretazione del brano Gli uomini non cambiano, dove ogni verso ha il filo di lama che la sua voce rende caldo e tagliente fino al profondo della sensibilità di chi la ascolta.

https://www.youtube.com/watch?v=XLfDHH0RJmM

( di Giancarlo BigazziMarco Falagiani e

Giuseppe “Beppe” Dati)

Sono stata anch’io bambina

Di mio padre innamorata

Per lui sbaglio sempre e sono

La sua figlia sgangherata

Ho provato a conquistarlo

E non ci sono mai riuscita

E ho lottato per cambiarlo

Ci vorrebbe un’altra vita.

La pazienza delle donne incomincia a quell’età

Quando nascono in famiglia quelle mezze ostilità

E ti perdi dentro a un cinema

A sognare di andar via

Con il primo che ti capita e che ti dice una bugia.

Gli uomini non cambiano

Prima parlano d’amore e poi ti lasciano da sola

Gli uomini ti cambiano

E tu piangi mille notti di perché

Invece, gli uomini ti uccidono

E con gli amici vanno a ridere di te.

Piansi anch’io la prima volta

Stretta a un angolo e sconfitta

Lui faceva e non capiva

Perché stavo ferma e zitta

Ma ho scoperto con il tempo

E diventando un po’ più dura

Che se l’uomo in gruppo è più cattivo

Quando è solo ha più paura.

Gli uomini non cambiano

Fanno i soldi per comprarti

E poi ti vendono

La notte, gli uomini non tornano

E ti danno tutto quello che non vuoi

Ma perché gli uomini che nascono

Sono figli delle donne

Ma non sono come noi

Amore gli uomini che cambiano

Sono quasi un ideale che non c’è

Sono quelli innamorati come te

Una donna straordinariamente sensibile e intelligente ma forse profondamente sola.
Una solitudine con radici profonde nel suo passato e nel suo animo, che riusciva a sconfiggere solamente cantando sul palcoscenico e per il tempo in cui era la sua voce a fare da ponte per sé e per il suo pubblico. Solitudine compagna, fedele compagna che non la volle mai abbandonare fino alla fine, quando il suo corpo, esanime sul letto con braccio teso verso il telefono, venne ritrovato il 14 maggio 1995 dai vigili del fuoco, allertati dal proprietario di casa che da due giorni non ne aveva più notizia.

Nea Anthologia – Fatima
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Un esercito di cavalieri, dicono alcuni, altri di fanti, altri di navi, sia sulla terra nera la cosa più bella: io dico, ciò che si ama. È facile far comprendere questo ad ognuno. Colei che in bellezza fu superiore a tutti i mortali, Elena, abbandonò il marito pur valoroso, e andò per mare a Troia; e non si ricordò della figlia né dei cari genitori; ma Cipride la travolse innamorata

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